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CAPITOLO VI

Della fortezza e delle sue spezie.

     Menommi poi l’Umilitá piú suso,
tanto ch’io giunsi al reame secondo;
e, come il primo, il varco aveva chiuso,
     ed anco ’l muro avea girante in tondo
5ed era tutto quanto d’oro fino,
alto ben cento piè da cima al fondo.
     Enginocchiato, al mur mi fei vicino;
allora l’uscio grande ne fu aperto;
e noi intrammo su per quel cammino.
     10Forse duo miglia era ito suso ad erto
tra dolci canti e tra li belli fiori,
da’ quai tutto quel pian era coperto,
     ch’io vidi in mezzo delli sacri còri
star la Fortezza ardita e triunfante
15come una dea adorna di splendori.
     Mirava al cielo e tenea le sue piante
fisse e fermate su ’n una colonna,
ch’era tutta di fino adamante.
     La spada in mano avea la viril donna
20e l’elmo in testa ed in braccio lo scudo,
e la panziera in scambio della gonna.
     — O vertú alta, o nobil Fortitudo
— diss’io a lei inginocchiato appresso,—
che non curi Fortuna e suo van ludo,
     25per l’aspero viaggio mi son messo,
passando i vizi insú con grande affanno,
per veder questo regno a te commesso,