La donna, ch’era allor allor comprensa
nell’adulterio e menata nel tempio,
benignamente da te fu defensa;
dove, alto mio Signor, mi désti esempio 140che sol del peccator voglia l’emenda,
e chi altro ne vuol, è crudo ed empio,
e quel, che egli fa, nullo riprenda;
ch’altru’ accusando, quel se stesso pugne,
quand’egli avvien che ’n quel medesmo offenda. 145Tu giá facesti e fai che ancor si ugne
il core a’ regi, perch’e’ sien benegni,
e ’l re dell’api fai che non trapugne;
in questo esempio, mio Signor, m’insegni
che sieno i grandi grati e mansueti, 150e che non sian superbi in li lor regni.—
E poscia, al cielo alzando gli occhi lieti,
Parcitá cominciò sua cantilena,
poiché Clemenzia ebbe i suoi detti quieti.
— Beato— disse— è l’uom che si raffrena 155e pone a quella voglia la mesura,
che sempre brama e mai diventa piena.
Beato quello che non sforza o fura
per piú avere e non prende l’affanno,
sempre sudante d’infinita cura; 160ma, com’ Fabrizio nel povero scanno,
del poco e con vertú piú si contenta
che di piú posseder con froda e inganno.
Ma piú felice è l’uomo, il qual diventa
perfetto sí, che tutto il disio taglia, 165e di ricchezza ha ogni voglia spenta,
e che ’l piú e ’l meno non cura una paglia,
e che niente alla Fortuna chiede,
quando losinga e quando dá battaglia.
Colui di tutto il mondo è ricco erede, 170che, avendo o non avendo, piú non vuole;
ché, quanto uom non desia, tanto possede.—
Qui finí ’l canto ed anco le parole.