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capitolo iii 287

     — Alta regina, a questo loco vegno
65— diss’io a lei— dal mondo con fatiga,
per contemplar di te e del tuo regno.
     Minerva fu a me primiera auriga;
ella è che m’ha scampato e sú condotto
per mezzo delli vizi e di lor briga.
     70E ch’io venisse a te mi fece dotto,
che m’insegnassi questo tuo reame
e delle tue donzelle tutte e otto.
     — Dacché di me sapere hai sí gran brame,
— rispose quella,— ascolta, e dirò pria
75del mio uffizio e poi dell’otto dame.
     Dio fatto ha l’uomo per sua cortesia
e posto in mezzo lui tra ’l bene e ’l male,
ché lá e qua ei combattuto sia.
     E diede a lui la parte sensuale,
80la qual al male impetuosa corre
come sfrenato e indomito animale.
     E però Dio mi volle con lui porre,
ché ’nverso il mal egli precipitára,
se con miei freni a lui non si soccorre.
     85Per farti ben la mia risposta chiara,
com’egli verso il mal si move ratto,
cosí va tardo alla parte contrara;
     ché, come infermo debil e disfatto,
si move col disio inverso il bene,
90se con forti speroni ei non è tratto.
     Perciò altra virtú esser conviene
cioè Fortezza, e questa i sproni mova,
quando uom come infingardo si ritiene.
     Ella è che fa che l’uom, il qual si trova
95nella battaglia, vince e non s’ammorza,
sí come il cavalier di buona prova,
     o come il buon nocchier, che allor si sforza
che ha la gran tempesta in mezzo all’onda,
quando el combatte da poppa e da orza.