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CAPITOLO III
Della vertú della temperanza e sue laudi.
Perché l’intrare a me fusse concesso
nel bel reame della Temperanza,
mi feci a quella porta alquanto appresso.
E, poiché fui in debita distanza,
5mi postrai ’n terra, dicendo:— Peccavi,—
sí come per intrare lí è usanza.
Ed allora una donna con due chiavi
aprío la porta, e poi la mia persona
levò di terra con parol soavi.
10— Questa gran donna, che l’intrata dona,
è quella, senza cui— mi disse Elia—
né Dio né uomo al peccator perdona.
Ella è che al ciel t’insegnerá la via:
dietro alli passi suoi ti guida omai;
15con lei noi ti lasciamo in compagnia.—
Quei patriarchi pria ringraziai;
poscia mi volsi alla scorta novella
e ch’ella mi guidasse io la pregai.
Dentro alla porta intrai insiem con ella;
20e, poiché dentro fummo ed ella ed io,
allor mi fece don di sua favella.
— Se saper— disse— vuoi il nome mio,
io sono l’Umiltá, il primo grado
d’ogni virtú, che vuol salir a Dio.
25Come Superbia è prima in ogni lado,
ardita a romper la legge divina,
cosí alle vertú io ’nanti vado.