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capitolo ii 281

     Ei si nascose. Oh matto chiunque crede
fuggir ovver celarsi da Colui
30che tutto puote ed ogni cosa vede!
     E poscia mi partii con ambidui
tra’ belli fiori di quel prato adorno;
e, quando ad una fonte io giunto fui,
     considerai che era mezzo giorno,
35ché ’l sol toccava in alto giá ’l zenitto,
e nullo corpo facea ombra intorno.
     Dicea fra me, insú mirando fitto:
— Com’è che qui il caldo non offende,
da che li raggi insú rifletton ritto?
     40Ché ’n quella obliquitá che ’l raggio scende,
come si prova nella prospettiva,
in tale a parte opposta si distende.
     Però, se ’l raggio ingiú ritto deriva,
per linea retta ritorna in quel verso,
45ed ei lí si raddoppia e si ravviva.
     E questo luogo è pian, pulito e terso
assai a questo, e nol torce in oblico
concusso alcun, che ’l raggio mandi sperso.—
     Allor mi disse il padre piú antico:
50— Tu forse ammiri che qui non fa male
il troppo caldo noioso e nimico.
     Sappi che, dove il giorno è sempre equale
alla sua notte, quanto il dí riscalda
il sol, che ’nver’ zenitto suso sale,
     55tanto la notte col fresco risalda;
e però quella patria, se pon’ cura,
fie temperata, né fredda, né calda.
     E, benché tanto il sol vada in altura,
non fa di caldo sotto il loco accenso,
60quando in cotale altezza poco dura.
     Non è sola cagion del caldo intenso
l’altezza dello sol, ma sua dimora
col raggio insú riflesso, s’io ben penso.—