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capitolo i 279

     Le piú fiate al miser uomo avviene
ch’e’ non conosce il ben, se non in quella
135che n’è privato o c’ha contrarie pene.—
     Poscia trovammo la pianta piú bella
del paradiso, la pianta felice,
che conserva la vita e rinovella.
     Su dentro al cielo avea la sua radice
140e giú inverso terra i rami spande,
ove era un canto, che qui non si dice.
     Era la cima lata e tanto grande,
che piú, al mio parer, che duo gran miglia
era dall’una all’altra delle bande.
     145— Questa gran pianta di gran maraviglia
— disse a me Enoc— è l’arbore vitale,
che vita dona a chi suoi frutti piglia.
     Fitto nel cielo sta il suo pedale;
indi vien la vertú, che gli dá Dio,
150che possa l’uomo rendere immortale.
     Un ramoscello dall’angelo pio
n’ebbe giá Set e piantollo in la fossa
del padre Adamo suo, quando morío.
     E quello crebbe e féssi pianta grossa,
155e poscia posta fu nella piscina,
che sol di sanar uno ebbe la possa;
     ché profetato avea Saba regina,
che su dovea morir quel gran Signore,
che faría nuova legge e piú divina.
     160Allor il legno di tanto valore
da Salamon fu di terra coperto,
insin ch’a far suo frutto apparse fòre;
     ché, quando piacque a Dio, venne su ad erto,
e di quel legno la croce si fece,
165ove l’Agnel di Dio per noi fu offerto,
     quando su ’n quella il prezzo satisfece.—