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capitolo xiv 265

     100pel qual il foco piobbe giá da cielo
infino a terra e aprilla ed engollosse
insieme il biondo col canuto pelo,
     l’un ch’era stato, e l’altro che non fosse
corrotto tanto. Ahi, smisurato eccesso,
105che Dio facesti che tant’ira mosse!
     Per questo in terra fu il diluvio messo,
quando Dio vide che malizia tanto
avea corrotto l’uno e l’altro sesso.
     E, per disfar cotanto infetta pianta,
110Noè servò e i figli dentro all’arca,
sola nel mondo la progenie santa.
     Natura d’esta offesa si rammarca
innanti a Dio e priega ch’egli scocchi
le sue saette quel sommo Monarca.
     115Dell’altro vizio omai convien ch’io tocchi,
ch’è grosso come trave, e quasi stecca
vien reputato da’ miseri sciocchi.
     Dicon che uomo e femmina non pecca,
consentendosi insieme, essendo sciolti,
120se l’un coll’altro fornicando mecca.
     E, perché in questo error son ciechi molti,
tanto è piú grave il mal, se ben discerno,
quanto nel suo error ne tien piú involti.
     Sappi che ha ordinato Dio eterno
125che tutti gli animali, i cui figlioli
richiedon padre e madre e suo governo,
     che insieme s’apparecchino duo soli,
(o reptile che sia o quadrupéde,
o che in acqua ovvero in aere voli),
     130e stiano uniti insieme in questa fede,
ché, quando avvien che alcun di loro si parte,
s’abbandonan li figli, s’e’ non riede.
     E, se il padre e la madre ognun ci ha parte
giá nella nata ovver nascenda prole,
135pensa se pecca qual di loro si parte;