Non due fiate il dí, ma vieppiú volte
il poto e ’l cibo da questi si prende,
come le bestie fan, che son disciolte.
Nel modo d’usar cibi anco s’offende, 140ch’alcuno è scostumato, alcun ghiottone,
alcun le braccia su la mensa stende.
Anche è vorace alcun come lione;
ed alcun su nel cibo soffia il fiato,
alcun per fretta va incontra ’l boccone.— 145Quando Minerva questo ebbe parlato,
quell’Epicur col collo di cicogna
rispose e disse con lungo palato:
— Ancor detto non t’ha ciò che bisogna,
ché non t’ha detto le cinque figliuole, 150perché nomarle forse si vergogna.
La prima figlia, che saper si vòle,
è Immondizia del cibo, che guasto
corromper in lo stomaco si suole;
ché, quando ha troppo vin con troppo pasto, 155perché cuocer nol può, fuor per la bocca
corrotto esala e fa al naso contrasto,
e sopra erutta e sotto quello scocca,
il qual balestra come traditore,
che apposta alle calcagne, e ’l naso tocca. 160La seconda figliola è vie peggiore,
Ebetudo, di mente inferma e mesta,
che toglie all’intelletto ogni valore.
La terza ha nome brutta e trista Festa,
di buffonie e di giuochi; e questa è quella 165che al Batista giá tagliò la testa.
La quarta è quella che troppo favella.
La quinta è truffe ed opere scurrile:
questa in la lingua porta la fiammella,
e nullo è vizio piú che questo vile.—