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capitolo xiii

     Per questo noi abbiam le lingue rosse
65d’ardente foco e abbiamole puntute,
come di spada ognuna armata fosse.
     Se vuoi saper dell’anime perdute,
che stanno qui pel vizio della gola,
che solo in general forse hai vedute,
     70qui stanno li scolar di monna Ciuola;
tra’ quali è Ciaffo, e fu di Camollía,
che piú degli altri usava quella scola.
     Egli anche dice che si bevería
del vino il laco, quando egli s’approccia,
75se non che tosto se ne fugge via;
     e dice che, a la bocca se la doccia
di Fontebranda avesse e fusse Greco,
la bevería sin all’ultima goccia.
     E molti altri compagni son qui meco,
80tra’ quali è la brigata spendereccia
che fe’ del molto avere il grande spreco.
     Chi spreca, quando egli ha la bionda treccia,
degno è che, quando giunge al capo cano,
venga di povertá sino alla feccia.
     85Da Leonina infino a Laterano
stanno anche meco mille ghiottoncelli,
e dicono che gli uomin di quel piano
     prendon per paternostri i fegatelli,
l’aman per tempo in cambio della Chiesa,
90corrono alle taverne ed ai bordelli.—
     Io l’ascoltava colla mente attesa,
quando Palla mi fe’ del partir cenno;
onde n’andai per la via da noi presa.
     Cinquanta passi e men da noi si fenno,
95ch’ella mi disse per farmi ben dotto:
— Contra golositá fa’ ch’abbi senno.
     Sappi che gola è appetito ghiotto
d’aver diletto in pasto e sí bramoso,
che vince la ragion e tienla sotto.