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capitolo ix 239

     E, benché alla ’nsú mova le piante,
65quando egli avvien che trovi cosa dura,
per debilezza torna e non va innante,
     e perde il palio, che sta su l’altura,
che sol si dá a chi ben persevéra
insino al fine e ’nsin che ’l cammin dura.
     70E, perché ben conoschi questa fiera,
de’ suoi figliol dirò la radice anco,
ond’ha origin questa brutta schiera.
     E sol perché in loro è scemo e manco
il vigor dell’amor, e però avviene
75ch’ognun di loro è tristo, lento e stanco.
     Non è che mai da sé sia grave il bene,
ma è la voglia ch’estima se stessa
di non poter, e però nol sostiene.
     E l’altra figlia, ch’a lei piú s’appressa,
80Malizia ha nome, il mostro piú rubesto,
che di pensar malfar giammai non cessa.
     E, perché questo a te sia manifesto,
sappi che Accidia in la virtú ha tedio,
e ciò ch’a ragion piace, a lei è molesto.
     85E, perché a lei nel ben non piace sedio,
anco su vi s’attrista ed ègli amaro,
da lui si parte per trovar rimedio;
     e, per aver all’angoscia riparo,
fugge dalla virtú, ch’a lei è noiosa,
90inverso il vizio, alla virtú contraro.
     Lasciato il bene, su nel mal si posa;
ivi si pasce e diletta e s’impregna
di questa figlia rea e maliziosa.—
     Dicendo questo a me la dea benegna,
95io vidi mover con veloci passi
la vecchia pigra e trista, che lí regna.
     E li suoi mostri, che pria parean lassi,
si mosson dietro a lei gagliardi e presti
sí come giovin, che correndo spassi.
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