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capitolo vi 225

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     100Avea i peli canuti ad ogni orecchia;
è dispiacente sí, che a lei appena
la Morte in displicenzia s’apparecchia.
     Malanconia e fame seco mena;
e per suoi damigelli avea gaglioffi;
105e di miseria la sua corte è piena.
     E barattieri ha seco e brulli e loffi
e quelli a cui non fa bisogno punga,
e nudi che sospiran con gran soffi.
     Per questo van fuggendo tanto a lunga,
110e la fatica mai non li fa stanchi:
tanto han timor che costei non li giunga.
     Il loco, ove fuggíano, io mirai anchi
e vidi l’altra corte, dove vanno,
ove lor pare alquanto esser piú franchi.
     115Lí stava una regina in alto scanno
ed era grande in forma gigantea,
e vestita era d’oro e non di panno.
     E, benché fosse adorna come dea,
nientemeno avea volto lupardo
120e la sua vista traditrice e rea.
     Mentr’i’ a vederla ben drizzai lo sguardo,
io vidi cosa, ch’il creder vien meno;
ma io ’l dirò, e non sarò bugiardo.
     Vidi che della poppa del suo seno
125lattava e nutricava un piccol drago;
ma ben parea a me pien di veneno.
     Mentre el suggea desideroso e vago,
da quel, ch’egli era pria, si fe’ piú grande
che un grosso trave rispetto d’un ago.
     130Allor richiede aver maggior vivande,
ché tutto il latte, che la madre stilla,
non basta al grande iato, ch’egli spande.
     Però, affamato, prende la mammilla
e cava il sangue, e quel convien che suchi;
135e, perché è poco, il venen disfavilla.

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