Pagina:Frezzi, Federico – Il quadriregio, 1914 – BEIC 1824857.djvu/230

224 libro terzo

     cosí la Invidia fa, quand’altri è ’n terra;
65e quando vede alcun condutto al laccio,
manifesta il venen che dentro serra.
     Io m’ingegnai di terra levar ’vaccio.
Mirabil cosa! Quand’io fui levato,
ognun fuggío e nessun mi die’ impaccio.
     70E giá, salendo, io era tanto andato,
che giunsi all’altra spiaggia inver’ ponente,
ove Avarizia tiene el principato.
     Ivi trovai fuggire una gran gente,
con sí gran furia, che l’un dava inciampo
75nell’altro per fuggir velocemente.
     Sí come quando in rotta è messo un campo,
che par ch’ognun disperso si dilegue
tra spini e fiumi e monti in loro scampo,
     e con la spada il vincitor li segue,
80forte correndo, e spesso avvien ch’un solo
mille giá messi in fuga ne persegue;
     cosí fuggendo andava quello stuolo,
tra ’l qual conobbi Bencio da Fiorenza,
che fu di Giorgio Benci giá figliuolo.
     85Io dissi a lui:— Un poco sussistenza
prego che facci e che di dir ti piaccia
perché fuggite voi, per qual temenza.—
     Rispose, andando e voltando la faccia:
— Donna sta qui, per cui fuggiam sí forte:
90ella col suo timor ne mette in caccia.
     In questa piaggia tien la brutta corte
ed è chiamata trista Povertade,
spiacente tanto, ch’appena è piú Morte.
     Per mezzo delle spine e delle spade
95noi la fuggiamo per ogni periglio,
per mezzo a’ fiumi e per l’aspre contrade.—
     Allor per veder quella alzai il ciglio
e dalla lunga vidi quella vecchia,
ch’è ostetrice prima ad ogni figlio.