tinto di sangue e con le vene sparte.
Per recarti a piatá, disse:— Ecco l’Uomo
fragellato nel corpo e in ogni parte.—
Ma tu, crudele, allora festi como 140cane alla preda, che l’ira il trafigge,
o come l’orso, quando vede il pomo;
ché allor gridasti:— Tolle, crucifigge;—
e niente ti mosse, o dispiatata,
in tanta maiestá l’umile effigge. 145Superbia è la tua madre, onde se’ nata;
e ’l timor vile è quel che ti notríca,
ed anco è ’l padre, dal qual se’ creata.
Però d’ogni virtú tu se’ nemica,
mentre vuoi esser tu la piú eccellente 150e che di te meglio d’altri si dica.
Odio tu porti a quel ch’è piú splendente,
s’e’ tua virtú ecclissa o falla meno
come il lume maggior il men lucente.
Allor nel core ti nasce il veneno 155inver’ di quello, e cerchi che s’estingua
quello splendor ch’è piú del tuo sereno.
E col rancor del core e colla lingua
giammai non posi e colli denti stracci
la carne umana marcia che t’impingua, 160insidiando con occulti lacci.—