Pagina:Frezzi, Federico – Il quadriregio, 1914 – BEIC 1824857.djvu/206

200 libro terzo

     Dietro alla guida insú volea pur gire,
ed ella mi tirava seco ingiue
e suso meco non volea venire.
     100Cosí insieme luttando amendue,
ella tirando ingiú ed io insú lei,
sí mi stancava, ch’io non potea piue.
     — Oimè!— dicea fra me— chi è costei,
che ha le voglie sí lascive e pronte,
105che vuol menarmi ov’io gir non vorrei?—
     La dea salito avea molto del monte,
e, vòlta a me, gridò:— Perché non vieni?
perché ristai? perché quassú non monte?
     Cotesta donna, che ti sta alle reni
110pensa che è muliere, e tu se’ viro;
però vergogna t’è, se la sostieni.—
     Allor con gran fatica e gran sospiro,
usai mie forze e camminai fin dove
Palla aspettava col suo dolce miro.
     115Sí come sotto il giogo tira il bove
con tutta la sua possa il grosso trave,
che, punto dallo stimolo, si move;
     cosí tirai insú la donna grave
dietro a Minerva per quell’arta via
120contra la forza di sue voglie prave.
     E quanto a poco a poco io piú salía,
tanto piú la gravezza venía manco
di quella che me ’ngiú tirava pria.
     Alla mia scorta appena era giunto anco,
125quando di lei nulla sentia fatiga,
e fui leggero e niente era stanco.
     — Chi è colei che dá qui tanta briga
— diss’io a Palla,— e fa che l’uom s’arreste
e, giú tirando i passi, altrui intriga?
     130— Parte è in voi angelica e celeste
— rispose quella,— e fa che si cammine
per sua natura a tutte cose oneste.