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CAPITOLO XV

Come l'autore riconosce la cittá di Dite in questo mondo,
e quindi trova Circe, la quale trasmuta gli uomini.

     Nel terzo regno su per quella piaggia
noi devenimmo, ed, alzando le ciglia,
sí come piacque alla mia scorta saggia,
     vidi di Dite la cittá vermiglia,
5di mille miglia intorno, ed in figura
a Dite dell’inferno s’assomiglia.
     Di ferro ardente avea le grandi mura,
a ogni cento piè avea una torre,
con guardian, che mi facea paura.
     10Attorno delle mura un fiume corre,
ardente piú che non è il fuso rame,
quando in campana per canal trascorre.
     Bolliva piú assai che ’l Bollicame,
e, perché ferve, però Flegetonte
15il suo vocabol convien che si chiame.
     Dalla ripa alla porta era per ponte
attraversato e steso un sottil filo,
pel qual chi in Dite va, convien che monte.
     Non fe’ sí sottil riga giammai stilo,
20né filò sí sottil giammai aragna,
com’è la via che mena in quell’asilo.
     Su per quel fil sottil la mia compagna
prima si mosse, e, poiché un passo diede,
disse che andassi dietro a sue calcagna.
     25Io non andai, ma tenni fermo il piede,
dicendo a lei:— Non verrò, perché temo,
ché non son io legger quanto tu crede.—