La quarta er’alta insino onde percote
con le saette Iove, ove il vapore, 30dal gel costretto, da sé l’acqua scuote.
La terza d’ogni lato era minore,
e le seconde poi minor che quelle;
e minime eran poi quelle di fuore.
Nella metá le ruote paralelle, 35dico nella metá, ch’alla ’nsú monta,
erano orate e preziose e belle.
Ma l’altra parte, quando su è gionta,
giú vien calando a quella donna dietro;
quanto piú cala, piú del mal s’impronta 40e fassi oscura; e da quel lato tetro
descender vidi molti a capo basso
con gran lamento e doloroso metro.
Poiché caduti son con gran fracasso,
ogni amico li fugge e li dispregia: 45chi li sospinge e chi lor dá del sasso.
Ma alli salenti dalla parte egregia
ognun si mostra amico ne’ sembianti:
chi li losinga e chi di loda ’i fregia.
Come da due nel carro triunfanti 50mescolato era il dolce con l’amaro,
usando inver’ di lor contrari canti,
cosí su ad alto e giuso due cantâro
nel colmo delle rote e due di sotto,
un d’allegrezza e l’altro del contraro. 55La dea Minerva giá m’avea condotto
sino alla donna, che voltava il giro:
allor parlò, che pria non facea motto.
E disse:— Io, che a basso e ad alto tiro
le sette rote, son la dea Fortuna 60e solo a quei dinanti lieta miro.
Nullo su ad alto aggia fermezza alcuna
in me di securtá ovver fidanza,
ch’io mostro faccia chiara, e quando bruna.