Ond’io risposi:— Volontier saprei 65quant’ella sta ancor a noi da cesso,
innanti ch’io pervenga insino a lei.—
Ed ella a me:— A voi non è concesso
del cammin vostro di saper il quanto;
ma ella in ogni loco è molto appresso; 70ch’ella discorre ed è veloce tanto
per questa valle, per la qual tu vai,
che in ciascun punto ell’è in ogni canto.—
Per questo piú acuto allor mirai
e vidi lei in un caval sedere 75negro e veloce piú che nessun mai.
Avea le guance guizze, magre e nere:
crudel la vista e sí oscura e buia,
ch’io chiusi gli occhi per non la vedere.
E perché ogni uomo volontier s’attuia 80gli occhi per non vederla, tanto è brutta,
per ciò ella va occulta come fuia.
— Mia— sí dicea,— mia è la gente tutta:
quanta n’è nata e nascerá al mondo,
destruggerò e l’altra ho giá destrutta. 85Quando alcun crede star sano e giocondo,
io l’assalisco, e quanto è piú gagliardo,
piú tosto al mio voler lo mando al fondo.
Imperatori o re non ho in riguardo;
a’ miseri, che stanno in pena acerba, 90mando mie’ morbi, ed a lor io vo tardo.
Ciò che nasce nel mondo, a me si serba,
e che ha carne e corpo, cresce e vive:
tutto fia mio insino all’ultim’erba.—
Di molti morti io vidi poscia quive 95sí grande strage, che rispetto a quella
nullo poeta sí grande la scrive;
non quella che riempiè i moggi d’anella,
non quella che la peste fe’ in Egina,
né quella, della qual Lucan favella.