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capitolo viii 135

     simile a quella pena, che tu vedi,
65lí troverai e le person penose.
Ma, perché forse questo a me non credi,
     sappi che ’l mondo nomina le cose
non per diritto, ma per lo traverso:
però le veritá gli son nascose.
     70Quando l’uom nasce nel mondo perverso,
che a vivere incomincia usate dire;
ma questo dir dal ver tutto è diverso,
     però ch’allora incomincia a morire;
e, perché insieme insieme vive e more,
75col vivo il morto è lí anco l’unire.
     Tutti gli anni, li mesi e tutte l’ore
che son passate, e ciò c’ha ’l tempo scemo,
nell’uomo è morto ed è di vita fuore.
     Oh quanto è stolto quel, che ’l «ben faremo»
80conduce insino al serrar delle porte
e ’l ben poi principiar in sull’estremo!
     Queste alme son dannate a cotal sorte,
perché nel mondo non fûr le lor vite
vive nell’operar, ma pigre e morte.
     85E, se ben miri, son qui ben punite,
ché vive dalli morti hanno tormenti,
e come morte a morti sono unite.—
     Quando ebbe detto delli negligenti,
piú oltre mi mostrò quivi dappresso
90l’Infermitá, che facean gran lamenti.
     E disse:— Su nel mondo vanno spesso;
non può fare Ipocráte ed Avicenna
che ’l corpo uman non sia da loro oppresso.—
     Non poteria giammai scriverlo penna
95la schiera grande che io vidi de’ Morbi,
che fere all’uom, o che ferir gli accenna.
     Quivi eran zoppi, monchi, sordi e orbi;
quivi era il Mal podagrico e di fianco,
quivi la Frenesia cogli occhi torbi.