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134 libro secondo

     però che sempre la lega peggiora;
oltre la gioventú putrido fasse;
30per questo l’uomo invecchia e discolora.
     Se ’l cielo sopra voi non si voltasse,
non averebbe il detto uccello il pasto,
né converria che cibo il ristorasse.
     E se a me il petto è roso e guasto,
35la notte integramente lo risaldo;
sí che io in sempiterno vivo e basto.
     Ma quel ch’è in voi consumato dal caldo,
se si rifá per prandio ovver per cena,
non sempre è sí perfetto, né sí saldo.
     40E questo alla vecchiezza e morte mena,
e fame e sete; sí che vostro stato
vien meno ed ha a questa simil pena.—
     Io non risposi, quand’ebbe parlato,
ché non volle Minerva; ond’ei la testa
45ripose risupina insú quel prato.
     Trovammo poi in una gran foresta,
quant’un gigante grande, la Vecchiezza
tra molta gente dolorosa e mesta.
     Ell’era guizza e piena di gravezza,
50magra, canuta e senza nessun dente,
poggiata ad un baston per debilezza.
     Dirieto a lei veniva una gran gente,
che parevano vivi, ognun coniunto
inseme con un morto puzzolente.
     55Cosí erano uniti a punto a punto,
sí come san Macario e san Bordone,
quand’un viveva e l’altro era defunto.
     Quand’io considerai cotal passione
esser coniunti i vivi colli morti:
60— Oimè!— diss’io,— oh quanta afflizione!—
     La vecchia mi guatò con gli occhi torti
e dissemi:— Se mai nel mondo riedi
dietro a colei che t’ha li passi scorti,