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capitolo v 119

     ché l’etá pueril, ch’è da sé pura,
ora è dal mondo rio cosí corrotta,
30ch’è piena di malizia e di bruttura,
     ed in tutti que’ vizi è mastra e dotta,
che la natura a quell’etá occulta,
e senza possa col desío n’è ghiotta.
     ’Nanzi che alcun di noi all’etá adulta
35venuto fusse, ordinò l’alto Dio
che nostra carne su fusse sepulta.
     Se tratti non ne avesse il Signor pio
di quella vita breve e che sta in forsi,
tanto ne arebbe infetti il mondo rio;
     40ché noi saremmo in maggior colpe corsi,
e poi puniti in piú acerbo loco
e da piú pena in questo inferno morsi.
     Per la montagna ingiú scendendo un poco,
i figli stan di quelle ree contrade,
45sovra li qual Dio piovve solfo e foco.
     Se fussono venuti a piena etade,
sarebbon in piú colpa ed in piú duolo:
adunque dar lor morte fu pietade.
     E lí con loro sta ’l picciol figliolo,
50che Gregor dice che nel sen paterno,
Dio biastimando, lasciò ’l corpo solo.
     In piú penoso loco sta in inferno
chiunque a far male alcuno induce o tira
o non corrige, quando egli ha ’l governo.
     55Quel loco è lí e quel padre martíra,
a cu’ il figliol co’ denti troncò il naso,
ascondendo nel bascio la iusta ira.—
     Io credo che sarei con lui rimaso,
se non che Palla:— Assai— disse— hai veduto:
60vedi che ’l sole omai giunge all’occaso.
     Sotto i piè nostri è giá Schiron venuto:
vedi che ’l tempo corre e non si folce
e non s’acquista mai, quand’è perduto.—