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Fascio Secondo. 91

te, quattro generi di furori, da altretante Deità promossi, cioè il vaticinante da Apollo, il mistico di Bacco, il poetico dalle Muse, l’amatorio da Venere, e la superstitiosa Antichità porgendo a queste favole orecchie, vuole più tosto riconoscere direttamente il dono di questo poetico impeto dalle vane influenze d’imaginarie Deità, che da sè medesima.

Chi è sano di mente, prova hoggi, anche col parere de gli Eruditi, che l’avventitio furor poetico nasca dalle conseguenti cagioni. Dalla temperie naturale, overo acrimonia d’un accesa malinconia, da gl’affetti interni, cioè dall’ira, ò dall’amore, c’hanno facultà anch’essi di concitar facondia ne gli animi, dal vino, che scuote le torbidezze d’un ingegno, riaccendendolo, come in Ennio, & Anacreonte avveniva; e finalmente dalla lettura de’ Poeti migliori, per la quale concepiamo un furor simile.

Ristrette però queste cagioni alla più fondata, e nelle poetice nature più impressa, cioè, che ’l Furore, come Aristotele insegna, derivi da un’accensione d’atra bile, affermo, che in niuno è più fissa, e più connaturale questa accesa commotione di spiriti; che nel Satirico, il quale non da altro affetto riceve il poetico eccitamento, che dall’ira, che pur furore hebbe nome: