Ladri de’ Regni altrui fur tutti quanti,
Ladri fur gli stranier, ladri i Romani,
Ladri fur Capitan, ladri fur Fanti.
E se furano in guerra i Capitani,
Che faran gli altri in guerra capitati?
Se fura il Capo, hor che faran le mani?
Sono al Capo regal mano i Soldati,
Sono à l’Inferno altrui spirti infelici,
Sempre nati à dannar sempre dannati.
Rassomigliano il Gatto, il qual nemici
Topi combatte, e in caso d’appetito,
Più de’ Topi ladron, ruba à gl’Amici.
Oh numa tù, che intento al sacro rito,
Mai per rubar, nè per pugnar con l’Hoste
Da l’Hostia d’un Altar non sei partito.
Mira, com’hoggi à soggiogar disposte
Son le destre de l’Asia, e ne l’inganno
Le saluti, e le leggi altri hà riposte.
O Terzi, ò Compagnie pagansi ogn’anno,
Perche continue a noi sian le Terzane,
Perche frà noi la compagnia sia danno.
Voglion d’Asia i Padron, che si dia pane
A chi squarta le carne, hoggi chi regna
Senza pelle intaccar, non tosa lane.
Con la scusa de l’armi hoggi s’assegna
Al Vassallo pacifico una tassa,
Mà ch’ella gabba, una Gabella insegna.
Per dar nervo a la Guerra, hoggi si lassa
Smagrato affatto il popolo di un sangue
Che i lombi poi di porca Pace ingrassa.
Così contempla il Tributario, esangue
Ricchi i Ministri, e ’l popolo tradito,
Un nemico, che ride, un Rè, che langue.