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Fascio Primo. 61

E se indarno tentò l’egra Consorte,
     Contra l’armi di Sesto, oprar gli schermi
     In van trà i ferri hoggi le Spose inermi
     D’un inferma honestà fuggon la morte.
S’à fuga Martial chiusi ripari
     Tesser di Fabro adamantini ordigni,
     Temprano à Marte homai Fabri maligni
     Per assalir le Veneri, gli acciari.
Oh, di legge natia nato al disprezzo,
     Temerario piacer di Marte insano,
     Movi à prede d’Amor forza di mano;
     Mentre à merce d’Amor, Amor è prezzo.
M’udiste, ò Duci, à l’Innocenze offese,
     Son le colpe di voi sferze d’Aiaci.
     Folli, ove gite? Ah che le vie rapaci
     Sono à meta d’Honor rupi scoscese.
Ah, se ’l dolor d’un popolo caduto
     Pietà non v’erge, il vostro mal la mova,
     Erme son le Cittadi, e che vi giova
     Votarvi un Regno, e riempirlo a Pluto?
Habbiate pur sù trionfali Sogli
     D’una Delia corona i crin recinti,
     A vostra man che i Vincitor hà vinti,
     S’offra il ramo di Cuma, e vi germogli.
Pugni in prò di vostr’ire arte di Stelle,
     Ampio il Regno a voi fia quanto circonda
     Fra il sen d’Arabia, ò d’Anian la sponda,
     Fra l’Indica Malacca, e i flutti d’Helle.
D’Alcide i fini, e di Lieo le mete
     Varcar faccia vostr’arme amico Cielo
     Scithia, temendo voi, tremi di gelo,
     Libia, bramando voi, ferva di sete.