E se indarno tentò l’egra Consorte,
Contra l’armi di Sesto, oprar gli schermi
In van trà i ferri hoggi le Spose inermi
D’un inferma honestà fuggon la morte.
S’à fuga Martial chiusi ripari
Tesser di Fabro adamantini ordigni,
Temprano à Marte homai Fabri maligni
Per assalir le Veneri, gli acciari.
Oh, di legge natia nato al disprezzo,
Temerario piacer di Marte insano,
Movi à prede d’Amor forza di mano;
Mentre à merce d’Amor, Amor è prezzo.
M’udiste, ò Duci, à l’Innocenze offese,
Son le colpe di voi sferze d’Aiaci.
Folli, ove gite? Ah che le vie rapaci
Sono à meta d’Honor rupi scoscese.
Ah, se ’l dolor d’un popolo caduto
Pietà non v’erge, il vostro mal la mova,
Erme son le Cittadi, e che vi giova
Votarvi un Regno, e riempirlo a Pluto?
Habbiate pur sù trionfali Sogli
D’una Delia corona i crin recinti,
A vostra man che i Vincitor hà vinti,
S’offra il ramo di Cuma, e vi germogli.
Pugni in prò di vostr’ire arte di Stelle,
Ampio il Regno a voi fia quanto circonda
Fra il sen d’Arabia, ò d’Anian la sponda,
Fra l’Indica Malacca, e i flutti d’Helle.
D’Alcide i fini, e di Lieo le mete
Varcar faccia vostr’arme amico Cielo
Scithia, temendo voi, tremi di gelo,
Libia, bramando voi, ferva di sete.