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60 Delle Frascherie

Già, già di Morte a l’orrida licenza
     Mesto rinuncia il Mietitor la falce;
     Mentre, di Spica il suol voto, e di tralce,
     Fertile appar d’una Cadmea semenza.
Scoppino pur, qual pria, Nubi tonanti
     L’armi del giel, nudo Cultor non pave,
     Manca al Nume la messe, e più non have
     La riverita Enea l’are fumanti.
De le provide glebe à la coltura,
     Gli empi Cacchi di Marte i Tauri ha tolti
     E in van d’intorno i desti lumi hà volti
     Contro stuol Briareo d’Argeo la cura.
D’ingorda man miseri avanzi estremi
     Restan le marre à queruli Bifolchi.
     Anzi immoti Cadaveri de’ Solchi
     Giaccion gli Aratri, ov’hebber tomba i semi.
Gli heredi altier di terren culti, e vasti,
     Nutre i confin di bassa Valle angusta;
     E chi l’origin trahe d’Arbor vetusta.
     In rozza Casa humiliati hà i fasti.
Quel ch’affisso in quadriga, e d’auro grave
     Parv’il Sol ch’in suo carro esca dal lido
     Hor sembra nudo il Giovane d’Abido,
     Ch’à sè medesmo è rematore, e nave.
Misero honor degli Avi, Aure di Corte,
     Indarno homai fasto di sangue attende,
     Ch’ove Fortuna prospera non spende,
     Lo splendor de’ Natali ombra è di morte.
Già de’ vostri Guerrier gli empi appetiti,
     A i casti seni altrui tendon rapina;
     Nè più raccoglie homai l’aurea Lucina
     Prole simile à i Genitor mariti,