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Fascio Primo. 57

E perche1 in Civitate discordi, & ob crebras Principum mutationes inter libertatem, ac licentiam incerta parva quoque res magnis motibus agebatur, vedevasi una Natione, hor penosa di vivere in libertà da ribellarsi, hor in atto di tentar ribellioni per esser libera; mentre la stessa volubile ne’ consigli, impetuosa nelle risolutioni, falsa ne’ giuditij, facendo peggiori i rimedij de’ mali, pareva peccare, per pentirsi, e pentirsi per peccar di nuovo.

Esageravansi finalmente il pazzo abuso del secolo, in render gratie al Cielo delle stragi, fatte non de’ nemici di Dio, ma de gli huomini: mentre i Monarchi Asiatici dando titolo di predatore ad un Giove, sacrificavangli una portione de’ furti, come de ciechi Romani era l’uso.

2— — — — — Ipsumque vocamus
— — — — — In predam partemque Iovem. cantò il Poeta. Motteggia3 Tacito di Ga. Pisone, che all’udita della morte di Germanico ammazza vittime, e corre a’ Tempij, e detestando l’Historico i tempi di Nerone, ne’ quali si rendevan gratie al Cielo de gl’homicidij, si maraviglia, che i sacrificij, soliti a farsi anticamente per prosperità ricevute, s’offrissero all’hora per diletto di calamità lagrimevoli.

Si conchiude, che il maggior disordine per cui l’Asia era inferma, s’originava da


  1. Tacit.
  2. Virg.
  3. Tacit.