Pagina:Frascherie.djvu/50

50 Delle Frascherie

E pur s’odon di lui nuove funeste:
     E pur l’occhio di lui chiuso in oblio,
     Più vigile non hà, non hà più feste.
Dunque, perch’huomo tal cadde, e morio
     Per ragion di pietà pianger bisogna?
     Nè lagrimate voi? No, nè men io.
Egli è morto, e non piagne, & io vergogna
     Dirò, non lagrimar la sua ruina?
     Ohibò, si gratti lui, s’egli hà la rogna.
Sian mesti quei, che per goder pedina,
     Son scacchi matti, e passano con guai
     Le lor Vitelle in carne di Vacinna.
Sian mesti quei, che per amor due rai
     Non chiudon gli occhi; e con più strano fato
     Vivon corrivi, e non arrivan mai.
Malinconico sia quell’affamato,
     Che senza morbo haver fà la Dieta,
     Senza merito haver hà digiunato.
Voi che del viver lieto havete l’arti,
     E nel cervel, c’hà le lascivie escluse
     Imprimete concetti, e fate parti.
Voi, che fate stupir l’empie Meduse
     Con lo scudo di Palla, e che non siete
     Qual Pireneo svergognator di Muse.
Date gli animi vostri à l’hore liete,
     Se bramate la vita, e darà palma
     A letitia di cor corsa di Lethe,
Procelloso dolor sempre d’un’Alma
     Agita il legno, e poi lo tira al fondo;
     Che in mar di vita un’allegrezza è calma.
Se bramate d’haver tempo giocondo,
     Fate conto veder Turba di mesti,
     Mover corsa di Palio in questo Mondo.