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Fascio Primo. | 41 |
Era Egideargo un Cavaliero di sì placidi, & amorosi costumi, di sì ameno, e disciplinato ingegno, che da chiunque conversava seco poteva ragionevolmente appellarsi con quell’attributo di Tito: La delitia dell’human genere. Il suo amico era alieno dal nudrir rancori, dal meditar vendette; e se pur un necessario risentimento ad una di queste passioni traheva, reputava; come quell’Agricola di Tacito,1 più honorato il vendicarsi, che il portar odio. Ambiva i beni di Fortuna, per occasioni da collocar in altrui i beneficij; stimava beneficio un inchiesta da recar altrui le fortune. Era in somma una incomparabile Idea dell’Amicitia in quel secolo. Col giovare, sapeva obligar gl’ingrati; con l’amare, disciplinar i maligni; e con tutti il suo generoso animo non di fumosa, mà di chiara gloria era colmo.
Eletto al succedente Discorso Egideargo da gl’Inviti del giudicioso Stamperme, ornò i suoi avversarij sentimenti d’una scaltra, & aspettata eloquenza; e così a favellar s’espose.
più atto d’humanità, a mio credere, il deridere le mondane miserie, che il deplorarle. Se niuna cosa è più convenevole ad un Savio d’un grand’animo, tale non può additarsi quello, che