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Fascio Primo. | 39 |
Piango perche nulla giova. E non è lagrimevole il vedere; che sul terreno d’un volto cada così infecondo un humore, di cui habbiamo sì prodighe cagioni?
Molti furono, che mai non risero; niuno che non piangesse mai. Democrito stesso, c’hebbe, disse Persio1, sì petulante la milza nel ridere, è certo, che piangendo nacque; e se rise poi, fù ridicolo; perche il ridere dell’humane miserie è un imitare i mentecati, che i suoi obbrobrij non conoscono; è un deridere il Cielo stesso il quale, se impiaga i mortali, gode etiandio, che ne piangano; perche le lagrime de’ feriti son risi de’ feritori, e perchè il pianto è il sangue delle nostre piaghe.
Il pianto, come più malagevole è simularsi del riso, porta seco più sembianza di veritiero, più attrattiva di compatimento. Piangendo, le passioni si sfogano, le necessità s’additano, i rimedij s’avventurano. Non v’è maggior argomento di stupidezza, che il non commoversi a quei mali, in cui concorre la forza del dolor privato, e la ragione del compatimento commune.
Anche il riso s’ammanta alle volte di lagrime. Cesare perche era lieto in veder la testa di Pompeo, mascherò le vergognose letitie co’ pianti. Lo stesso fe’ anche Xerse in quel giorno, in cui mirando da