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36 | Delle Frascherie |
gli sconcertati musi di questi Artefici; Rammentiamoci, che Pallade, di cui siamo seguaci, per non vedersi in volto quella deformata enfiatura di gote, mentre sonava il flauto, lo franse. Più tosto, se dobbiamo talvolta aditarci de’ vitij, vagliamoci del suono, come far soleva1 Tiberio Graco. Questi, quando in orare sentivasi soverchiamente concitato da sdegno, voleva che un suo Servo, che dietro la Bigoncia assistevali, sonasse un istromento musico, e con esso ammolisse l’asprezze della sua vocale alterigia. Ridevasi dell’erudita facetia di Ticleue; quando Stamperme voltosi a’ circostanti Uditori, favellò loro in tal guisa.
Hor dunque, Valorosi, poiche vaghi vi veggio di dar principio a qualche ingegnoso gareggiamento, godrei, che mi scioglieste un dubbio, natomi, che hà molto, dalla ponderatione del corrente secolo; ed è.
Chi dovrebbe imitarsi hoggi ne i sentimenti dell’animo, od Heraclito, col piangere le attioni humane, come miserie, ò Democrito, col ridersi d’esse, come inettie.
Trovavasi qui Rorazalfe, soggetto per chiarezza d’Avi riguardevole, e per