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Fascio Primo. 31

che non d’altra morte cantano tutt’hora nelle loro Canzoni, che di quella d’Amore. non hanno tanti occhi le scuole de’ Pittori, nè tanti ohimè gli Speciali, e quanti begli occhi, e quanti ohimè d’amorose agonie disegnano, & esalano hoggi nelle loro musicali Canzonette i Verseggiatori discepoli, e Poetastri storpiati, che servendo all’idiotismo d’una Musica, con la fanciullaggine de’ loro metri, son certi di non meritar ne’ medesimi altro nome, che d’Abbecedarij di Poesia. V’è di peggio, che le loro amorose cantilene, ò destano ne gli uditori i sopiti rimorsi di libidine, ò ne rinovano gl’irritamenti.

1— — — — Quod non excitas inguen
          Vox blanda, cantò il Satirico. Ridicolo però parmi, che Agamennone trovasse colà un Citaredo che con un suono Dorico conservar sapesse Clitennestra in pudicitia. Se Clitennestra fusse hoggi, o vedrebbe cangiata l’arte ne’ Musici, od in sè stessa la natura.

Erano già tornati all’attentione gli Amici, quando un Musico, come che presago fusse de loro sentimenti, prese à cantar contra Amore le facetie di questa Canzonetta.

A
Mor vattene via:

     Perche il Ciel m’hà concesso,

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  1. Iuven.