Ahi vista amara. Un Rio mirar da un sasso
Spumante uscir, precipitar gagliardo:
E la dura Città d’acque cospersa
Entro il molle flagel videro immersa.
Liquefatta in palude eccola a pena,
Che d’un Isola in lei spunta l’oggetto:
E ’n questa poi, qual Deitade in scena,
Il Tugurio fedel mirasi eretto.
La Capanna è già Tempio, in cui balena
Arsa face, aureo muro, argenteo tetto,
Nel fumante Camin cupula appare,
E la Mensa hospital s’erge in Altare.
Mirate là, disse à l’hor Giove à quelli,
Come forza di Ciel l’opre compensa:
Quali ad anime ree piove flagelli,
Quale ad anime pie premio dispensa.
Hogg’è de’ Pesci il sen tomba a’ Rubelli,
E Sacrario è di Dei la vostra mensa,
N’havrete voi di Sacerdoti il zelo;
Fin ch’ambo à un punto estingua aura di Cielo.
Sparvero i Numi, e i Semidei Custodi
N’adoraro nel suol l’orma stampata,
E Nuncij al fin de le divine lodi
Torsero il piè ver la magion sacrata.
Quì si visser congiunti: in fin che i nodi
D’amor disciolse humanità cangiata,
E fatti rami i crin scorze le vesti,
Fero in due Tronchi à tronca Vita inesti.