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Fascio Terzo. 277

     Già d’Assisi a la Magna eran gli Dei,
     E da Vinetia a Brindisi passati:
     E già rotta la carne in più bocconi,
     Di fette havean, non affettati i doni.

Già si credea Filemone, che voto
     Fusse il Boccale, onde traheano il Vino,
     E già presolo in man, volea far moto
     Verso il Baril, che stavali vicino;
     Quando a l’atto d’alzarlo il Nume ignoto
     Lo riempiè d’un Nettare divino,
     Stupissi il Vecchio, e lo stupor a Bauci
     Le parole attaccar fece a le fauci.

Pur grati al Ciel gli Albergator senili
     Con humiltà di core alzan le ciglia;
     E ogn’un di loro i sacrificij humili
     A gli hospitali Numi erger bisbiglia,
     Quì Giove anch’ei, per crescer core a’ vili,
     De’ miracoli suoi fea maraviglia:
     E l’oration con meritorio passo
     Fea giro al Ciel per ritrovarlo a basso.

Era un Papero in casa, il qual vivea
     Contra gli humani odor per sentinella,
     E di lui capital già si facea,
     Per darne al Ciel la vittima novella;
     Mà mentre intorno al suol lassa correa
     Per haverlo a le man, la Vecchiarella,
     Verso i Numi l’Augello il volo muove
     Et è di lui la Salvaguardia un Giove.