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276 Delle Frascherie

Sviscerato pendea certo Porchetto,
     Che pur dianzi ingrassò ghianda di cerro,
     Bauci da l’Animal tratto un lombetto,
     Vi sparse il sale, & infilzollo à un ferro,
     Mentre al foco il volgea, dentro un Panetto
     Spremea l’humor, che distillava il Verro
     Che s’ei tal’hor guastò le biade altrui,
     Degno è ben, che le biade espriman lui.

V’era nel grasso un Cavolo torzuto,
     Ambrosia de’ Ghiotton Napolitani,
     A cui diede Mercurio il ben venuto,
     Che anch’egli havea Napolitane mani
     Questo, e ciò, che imbandir havean saputo
     Posero in mensa i providi Villani;
     E che vi fosse, Ovidio, e di parere,
     Un par d’ova tostissime da bere.

Era in tavola un Pane, il qual havea
     Gran pretension sopra la lingua Hetrusca,
     Perch’a la cera sua nato parea
     In mezo à l’Accademia de la Crusca.
     Trovar Vino miglior poi non potea,
     Chi d’un Vin Corso andar volesse in busca
     Era un Corso leggier, che non s’adacqua.
     Ma tanto corso havea, ch’era tutt’acqua.

Già lavate s’havevano i Romei
     Le nette mani, e s’erano asciugati,
     Contra l’uso ladrissimo di quei,
     Che di man non son netti, e son lavati.