V
oi, che in aperto suol lieti ascondete
L’anhelato da pochi otio innocente
E da l’empia Città mai non trahete,
Qual da putrido humor, morbi a la mente,
In suon mormorator voi più godete
Fra’ sassi un rio, che frà le Corti un dente
E fate in voi con l’unità gradita,
Poveri di desio, ricca una vita.
Sprezza i fasti grand’Alma, e ’l magistero
D’un senno difensor merti l’infonde,
Non vanta Nave mai scaltro Nocchiero
Che d’oro hà il rostro, e d’hebano le sponde.
Cara è la Nave ancorchè tinta à nero,
Le cui ferme giunture escludon l’onde;
E per far le maree d’ira spumanti
Rende a’ colpi di prua gli urti refranti.
Di bella vanità schiva è Natura,
E sol contra i perigli arma il talento,
Così prode Guerrier spada non cura,
Chi trahe spoglia gemmata, else d’argento
Gradito è il ferro, in cui la tempra è dura
E in colpo emulator rompe ardimento;
Che i robusti ripari, e di repente
A punta pentrò, franse à fendente.
Quei Grandi là, cui le fortune diede
L’ostro d’un crin, cui la Fortuna inostra
Sembran colui, che in coturnato piede
Clamide favolosa al popol mostra;