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Fascio Primo. | 27 |
Gioco siam noi di quest’avara etade,
Quanti provar vid’io dagli avversari
Infrà Coppe di mensa arme di Spade,
Et a quanti i Baston tolser Denari,
E se ciò non vi basta, udite questo,
Quanti pochi in buon Punto han fatto Passo,
Quanti in mal Punto hanno perduto il Resto,
E quanti Rè vidi restarne in Asso.
Passiamo dunque in più valevoli esercitij quest’hore; già che ad altri acquisti si indrizzano le industrie nostre. A passaggi dell’erudite Carte non assiste Fortuna; nè sono ivi in arbitrio di Nume cieco i discapiti delle nostre vedute: non pugniamo noi con Avversarij mà godiamo frà concordie amichevoli, non ergiamo alle Deità, spergiuri, mà sacrificij: consumiamo in somma con vantaggio il tempo, per disporci in un tempo à quei beni, che per opera di tempo non si dileguano.
Quì replicarono i loro uniformi voti gli astanti Amici, e Stamperme sentendo, che s’eran tutti dell’anteposto partito confermati, ordinò à tre suoi Servi, i quali ne la bell’Arte del Canto sapevano così ben intonare, com’andar malamente intonati, che alcuna delle loro moderne, e più poetiche canzonette cantassero. Ponderò, che la Musica meglio di qualunque