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Fascio Terzo. 257

cui fù inventore, canta, come de’ pezzenti è l’uso, una Canzonetta. I Vecchi impietositi li ricovrano, e preparano loro la mensa: e fra tanto Philemone descrive con eloquenza, infusali da Giove, la tranquillità del suo stato rustico. Doppo questo gli hospiti lavano i piedi a i Peregrini, e cortesemente imbandiscono il rozzo pranzo. Si pongono a mensa, nella quale Giove fa multiplicare il Vino. I Vecchi confusi dalla novità, ne ringratiano quel Giove de i Cieli, che era, non creduto frà essi, e gl’incogniti Numi, secondano fintamente la dispositione dei loro Voti. In tanto per far sacrificio a gli Dei hospitali, risolvono di uccidere un Papero: mà mentre Bauci traccia questo per Casa, l’Uccello svolacchiando si ricovra in seno à Giove. Giove all’hora, e Mercurio, riprese le loro lucide sembianze, si discoprono per Dei, & immantinente impingono à gli Alergatori, che con essi ne vadano verso il Monte. I vecchi pieni di stupore, lasciando in abbandono il Tugurio, seguono l’orme de’ Numi. Presso la cima del Monte, Philemone, e Bauci, rivolgendo gli occhi, vedono la Città vicina sommersa da un precipitio d’Acque. Indi à poco, mirano sopra un tranquillo Lago piantarsi sù la base di un Isola la loro Capanna, e questa indi a poco trasformarsi in un Tempio. Quì Giove distingue alli pietosissi-