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Fascio Primo. | 25 |
no serie a i quartieri, con varie FRASCHERIE, ò sodi ragionamenti di lettere si ristorassero in gran parte gl’animi nostri da le militari calamità abbattuti.
Non meno de i già disposti Amici appagossi Ticleue del savio consiglio di Stamperme, e piacqueli sopra tutto l’esclusiva, che si diè in comune à passatempi di giuoco, per contraporsi ne i casi delle mestizie, non solo al costume gl’idioti Cittadini di quei tempi, mà etiandio alla natura d’un certo Prencipe Italiano, che vedendosi astretto à celebrar con le ritiratezze il lutto cagionatoli dalla morte del Padre, non seppe trovar miglior mezo, per additare alla Corte la necessità, che haveva di temperare le sue cupe doglie con qualche honesto sollevamento, che ’l trastullarsi fra i suoi confidenti al giuoco delle carte; onde poteva dirsi di lui, quel che d’un simil caso esagera Seneca. 1 Proh pudor Imperij, Principis Romani lugentis sororem Alea solacium animi fuit.
Si rinuntij il Palatino passatempo, disse Ticleue à quel Romanesco, à cui, perchè era tutto il dì assiso à giuocare, & à vincere, solevano i curiosi di Corte addattare quell’antico detto Romanus sedendo vincit. Lascisi la dottrina di queste carte, a chi và indotto delle nostre;