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LA
CORTE
Quì potrai mantener casto il Decoro;
Se la Donna hà da Corte hoggi un mal nome.
Viver qui tu non puoi d’altro lavoro,
Che di far la bucata à i panni brutti;
Già che abondan lordure hoggi in costoro.
Cavar anco potresti utili frutti
Dal culcire i Calzoni à i Cortegian,
Che le Vergogne lor mostrano a tutti.
Ma i consigli per tè tutti son vani;
Perche la Corte a l’Anime tranquille
L’Inferno è de la Testa, ò de le mani.
Un Inferno è la Corte, alberga mille
Enigmatiche Sfingi, Hidre rinate,
Qui s’inventan Chimere, e latran Scille.
Quì si veggiono Arpie d’oro affamate,
E per rapir la Gratia d’un Padrone,
Da Centimani Gigi Armi impugnate.
Quì vedresti talvolta un Issione,
Di sorte amica à gli anhelanti casi,
Stringer le nubi, e imaginar Giunone.