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Fascio Terzo. 205

pur vagando, vogliamo imitar tal’hora le girevoli inquietudini del Sole, rammentiamoci, disse un faceto Ingegno, che il suo Peregrinaggio non può dirsi lungo; mentre distesosi dall’Orto all’Occaso, altro non è, ch’esercitio d’un sol giorno.

La vaghezza del vagare è una folia di Romanzi, un errore da Cavalieri erranti, & un prurito 1 da Orlando, che al fine, per far pieni i suoi desiderij, divenne scemo.

Le Stelle fisse furon sempre più dell’erranti beate; e la Luna, come il più volubile, & inquieto Pianeta, fù sempre il Hieroglifico dello stolto. Mutansi gli stolti Peregrini di sito, come la Luna si muta; e col giro di quest’orbe sogliono i medesimi calcular i venti, e le pioggie alle loro navigationi. Altra differenza non verte frà i moti della Luna, e di quei tali, che per genio di peregrinare, lasciano in abbandono le case e le mogli; se non ch’essa, quando torna à rinovellarsi à noi, porta seco le corna, e quegli quando alle loro case fanno ritorno, le trovano.

Qui con le risa, mà con le commendationi di tutti, terminò Rorazalfe delle sue opinioni il racconto; quando Teledapo, che al contrario partito appligliato s’era, così cominciò à ragionare.



  1. Arist.