Pagina:Frascherie.djvu/197


Fascio Terzo. 197

chi, vi dimorò un gran tempo. Ma poi de’ corrotti costumi della medesima nauseato, se ne calò in Thessaglia, vago di vedervi il posto de’ Pharsalici Campi, in cui tuonarono i fulmini delle due Romane battaglie; e di vagheggiarvi etiandio l’amene rive di Peneo, la cui figlia, direbbe un Romanziero, parve in quei primi secoli un’Aurora, nel precorrere con la sua fuga l’orme seguaci d’un Sole. Al fine sù i lidi d’Armiro imbarcatosi, se ne venne radendo di Negroponte le rive, e ne’ confini dell’Isola adocchiate le cime del Caphareo monte, rammentossi delle fiaccola di Nauplo, che fù già un insidioso Faro al naufragio dell’armata Greca. Quindi poi trascorso l’Egeo, e penetrato il mare, che dal temerario Icaro hebbe il nome, approdò alle piagge di Effeso.

Era Teledapo un huono d’amenissima letteratura, e vago non meno di veder mondo, che di profittarsi vagando. Perchè haveva una versatile natura, nell’aderire à i genij di chiunque praticava seco, solea dire, che gli huomini di Mercuriale eloquenza dotati, doveano rassomigliarsi all’Hermafrodito Pianeta di Mercurio, che come gli Astrologi dissero, è co’ buoni buono, cattivo co’ cattivi.

Non somigliava già costui ad alcuni svagati Scioperoni d’Italia, che dopo haver Taverne, e Città varie trascorse, altra curiosità non riportano in Patria, che la