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Fascio Secondo. 191

Altri dirà, che il Duca d’Ostericche
     Hà rotti i Fanti, e la Cavalleria
     Col Capo, ò la capezza, che l’impicche
Se fusse verità tanta bugia
     Di rotti Fanti, & huomini da sella,
     Sarebbe ne’ Braghier la carestia.
Ma se per sorte è infausta la Novella,
     Quel Poeta somigliano romito,
     C’hà robba in capo, e vota la scarsella.
Meritan tutti insomma il ben servito,
     Che ad Olindo già diè Mastro Torquato
     O non visto, ò mal noto, ò mal gradito.
Chi si mostra amator d’altri, ò sdegnato
     Senza ragione è matto, e molto più
     Hà di Fera, che d’Huom senso impastato.
Il Politico è come la Virtù,
     Che secondo il parer d’un huomo, che sà,
     Di due cose contrarie fatta fù.
Verbigratia la Liberalità,
     Che più non s’usa al mondo d’hoggidì,
     Frà lo Spilorcio, e ’l Prodigo si fà.
Il politico ancor fatto è così,
     Frà due contrari il Genio suo discreto
     Fassi mirabilmente un terzo chi.
Un esempio vò dar, benche faceto,
     Liquida nemicitia è sempre stata
     Fra l’Olio tardo, e ’l furioso Aceto;
E pur si vede, ch’a la mescolata
     Di questi humor, che mai non sono uniti
     Si concia de l’Italia l’Insalata.
Ma già che a dir d’altri cervelli i riti
     Vi vuol gran tempo, in pochi verbi io narro
     L’infinite Pazzie ne gl’infiniti.