Pagina:Frascherie.djvu/188

188 Delle Frascherie

Di tutti i ben fa pieni i voti ad uno,
     Mentre il meschin di simili presenti
     Più del voto Signor sempr’è digiuno.
Fà la rimessa di mille contenti,
     Quasi fusser le Stelle, un matto disse,
     Del gran bancon del Ciel Zecchini ardenti.
E perch’a forza i vani auguri scrisse,
     Fede non scrisse mai, pari al desio,
     Ma profetò quel ben, che maledisse.
Ecco un’altra sciocchezza un Padre, un Zio
     Mi muore, e vuol l’usanza delle Corti,
     Ch’io vesta di Cottone il dolor mio.
Vorrei saper perche convien, che porti
     Vestimento da Morte un vivo herede,
     Se si spogliar la viva veste i Morti?
E già che il Morto i beni suoi mi cede,
     Perche dee scorrucciarsi il mio vestire
     Se cagion d’allegrezze altri mi diede?
E perche deggio in sacrificio offrire
     La comprata baietta ad huom che mora
     Mentre sò, che non è baia il morire?
Dirammi alcun, che compra tal s’honora
     La perdita del sangue, e non pon mente,
     Che i miei denar sono il mio sangue ancora.
La maggior parte de l’humana gente
     Più lagrima le spese, che la morte,
     E perduto denar più che parente.
Mà udite una pazzia di un’altra sorte
     Consegnar al Barbier mento barbato,
     Per comparir, qual Galeotto, in Corte.
La Natura col pel senno ci ha dato;
     E par che l’Huom di barba si quereli;
     Quasi un gran Barbarismo in lui sia nato.