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Fascio Secondo | 165 |
quel tale, da voi poc’anzi additatomi; volumi delle sue tralunate Verità son libri di Ovidiane Metamorfosi, in cui non altro di vero, che la certezza dell’esser favolosi. E come mai può dirsi gloriosa quest’Arte del nostro secolo, se l’Historia ch’esser deve uno specchio, atto à render gli oggetti, come li riceve, è forzata hoggi à diventar Occhiale da ingrossarli? e che vanto si può mai trarre da un mestiero nel quale chi esser deve veritiero per necessità, si fà bugiardo per politica?
Il genio di commendare l’attion d’un pravo Principe, ò perche s’ama, ò perche se ne teme, è indispositione inseparabile da chi scrive hoggi, à un alterante della Historica natura. Meglio sarebbe narrare a’ nostri l’Historia del Prete Ianni, quantunque di sue sceleraggini colma; mentr’è certo, esser quel Principe remotissimo da ogni intendimento. Se le narrate pravità de’ potenti son vere, piagne chi le scrive; e se le scritte virtù de’ medesimi son false, ride chi le legge. 1 Nerone recitò le lodi di Claudio in un Oratione fatta da Seneca; e ’l Senato in sentir lodarlo di prudenza, e di saviezza, non si potè contener le risa.
I lumi dell’Historia, che per lo più è di belliche relationi guernita, son questi veder oprare, e sapere ben scrivere, al primo