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Fascio Secondo. 163
D
I ben poche bifolche un verde suolo

     Satolla un Tauro, e l’esca sua dispensa
     A squadron d’Elefanti un Bosco solo.
Del corpo human sol la vorago immensa
     Divorati ha i voraci, à lui sol piacque
     Spopular gli Elementi in una mensa.
Stuol, ch’in monti correa, per mensa giacque.
     Questa ammutir fè i musici de l’aria,
     Cantar ne l’olio i mutoli de l’acque.
Schivo l’ingordo homai d’esca ordinaria,
     Fà i boccon peregrin peregrinare:
     E in vivande penate i gusti varia
Chiama l’esche plebee, se non son rare:
     Anzi prodigo d’or mostra che quelle
     S’accostan care al sen, che costan care.
Hoggi han vile il sapor, tinche, e sardelle,
     E a le medesme hoggi negato, e quasi
     Tutto l’honor d’Epicuree padelle,
Sono i son de le frondi homai rimasi
     Senza i Cantor penuti; e ‘n tempo corto
     S’è spogliata d’Augel l’onda di Phasi.
De la Dorica ancona il curvo porto.
     In ventre Italian l’ostriche vota,
     Perche di fame in lui nasca un’aborto:
Fin da l’onda nativa a l’onda ignota
     Peregrin prigioniero il Pesce passa;
     E in Assil di Peschiere à morte nuota.
Quì si fà del Ghiotton grave à la nassa:
     Quì divien esca ad ingrassar mortali:
     Quì fra l’esche mortifere s’ingrassa.