Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
Fascio secondo. | 161 |
ti, come impulso di risentita Natura, alla vista di alcun’altri passaggieri delitti, i quali benche in transitto paressero a’ riguardanti, non erano però moribondi, impatienti di silentio a gli Amici stuzzicarono tutti alle Satiriche detrationi i carmi, e le prose. Frà i maledici Periodi si formò da tutti una lodevole parentesi in encomio di alcuni Europei personaggi, ne’ quali la Toga e ’l Sago erano all’hora della Virtù argomento, e mercede, mà poi Stamperme stomacato anch’esso alla ponderatione di quei Grandi Asiatici, in cui facevano macchia i vitij d’un’illustrato sangue, proruppe furiosamente in quel verso di Giuvenale.
1 Ad scelus, atque nefas quodcumque est purpura ducis.
Soggiunse poi, che i medesimi potevano degnamente rassomigliarsi a quei libri di Luciano, 2 quorum aurei quidem umblici, verum intus, aut Thyestes est, liberos in convivio comedens, aut Oedibus matris maritus, aut Tereus cum duabus pariter sororibus rem habens.
Intanto Egideargo, come Cavaliero d’ingenua, e di gioconda Natura, vedendo passar per la via un GOLOSO Parasito di quei tempi, che pareva far esercitio, ò per evacuare le ripienezze de’ cibi, ò per cercar manicaretti da riempirsene;