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160 | Delle Frascherie |
Amico, hai vinto. A l’anima è un tormento
Se le colpe non sue la lingua tace;
Mà se vuoto sei tù, pieno io mi sento.
Tanto in morder altrui sarò loquace,
Quanto in tacer fui dolce, anco un aceto
Quanto il vin fù più dolce, è più mordace
Già che i Giudici rei non fan decreto
Contra le colpe, in famigliari editti
Del publico fallir s’apra il segreto.
Troppo chiari in peccar fansi i profitti,
Copre l’infamia altrui veste honoranda:
E son mode de l’Alma hoggi i delitti.
Perche mena il Padron vita esecranda,
Ne’ Tributarij suoi non la coregge,
Chi non vieta il peccar, sempre il comanda.
Reggon d’Asia i Monarchi un fren di Legge
Mà sinistre son poi le lor maniere,
Perche in sinistra man freno si regge.
Dunque, Amico, è difficile il tacere.
Quando il peccato altrui l’alme commove
Chi può tacer, s’anco frà nubi Arciere
In mezo a’ tuoni suoi mormora un Giove?
Quì terminarono i colpi della faretra Satirica di Ticleue, il cui irreparabile impeto posto in bilancia con l’arciere accortezze, da Momarte insegnate, diè materia à Stamperme di conchiudere, che non minor peso portava seco la difficoltà del fare una Satira, che del non farla: mà perche il ben mormorare è dato à pochi, come opera di maestrevol Arte, e ’l mormorare, ancorche male, è uso di mol-