Mà il gran fetor de l’amoroso avello
Non cessa quì. Vide colui, che spalle
Volta à l’uscio del Tempio? osserva quello
Col ferro d’un man Mario, ò Aniballe
Non vanno mai per bellicose rotte
Tanti uccisi squadroni, alme Vassalle.
Quanti suole ogni dì l’Heroe da notte
Con la paga vantar d’un eloquenza
Ciparissi abbrancati, Hersi corrotte.
Sol per gusto di dire hà compiacenza
Di far peccati. Hoggi à la turba oscena
E gusto il confessar, non penitenza.
Come fusse d’Egisto, ò Polissena
Un soggetto ingegnoso, ogn’opra pazza
Sù le complici labra hoggi hà la scena.
Il pretesto de l’Uso hoggi è corazza,
Contra i colpi del biasmo, e trionfanti
Suonan Tromba le colpe in sù la Piazza.
Come Scrittor, ch’à i suoi notturni canti
Tesse luce d’honor, tesse il carnale
A i notturni disnor luce di vanti.
Onde à pensarvi ben, dubbio m’assale:
Se lingua in piazze, ò pur se mano in celle
A scoprir le vergogne hoggi più vale.
Quali in Meroe d’Egitto appaion belle
Certe femine sconce, à cui Natura
Più grande del bambin feo le mammelle,
Tal per esser comun, l’opera impura
Non rassembra deforme, e perch’è uguale
La quantità le differenze oscura.
Mà non termina quì gloria di male,
Mira colà, se vuoi saper qual vanto
Da membrana d’Honor tragga un mortale