Mà già che aceto in mescolanze aspergo
Spruzziam colà quel Gabbadeo Volpino.
Ch’esce hora fuor da quel dipinto albergo.
Mira come sen và grave in camino:
E de l’Hippocrisia quegli il modello:
Negro è di pelo, e furbo in chermosino.
Ne la scena del mondo il suo cervello
Fà il Personaggio de l’huomo da bene
E così natural, che sembra quello.
Mà Comedia Vital varie hà le Scene,
In palco ogn’atto suo sempr’è sagace:
In Casa poi son le sue Scene oscene.
Sembra il Dio del Silentio un huom di Pace,
Guardati, Amico mio, da l’acqua cheta.
Sempre fù verminosa acqua che tace.
Con quell’humile faccia, e mansueta,
Non sembra un Agno? E con quelli occhi bassi
Non par, che cerchi in via qualche moneta?
Dove credi, che mova i lenti passi?
A la visita andrà d’un moribondo:
Mà per tentar, ch’eredità gli lassi.
Quì sì, che fà da un Orator facondo,
Sempre mette d’avanti i ben del Cielo,
Sempre di dietro i gusti d’esto Mondo.
Mà s’à l’Imagin sua levasi il velo,
S’à la Cifra del cor s’apre il segreto,
De gl’interessi suoi maschera è il zelo
Il Tempio profanar teme col peto,
E da sul naso poi tanto a la gente,
Che non bastano incensi à trarne fieto.