Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
Fascio Secondo. | 151 |
Momarte.
E non si scuote ancor lo stupefatto
Giove marmoreo? E a sì patente inditio
Non alza un braccio, e non islancia un Batto?
Ticleue.
Quel poi, ch’è seco, hà de l’ingrati il vitio,
Io l’hò fatt’huomo, & ei vuol esser bestia,
Perche tira de’ calci al benefitio.
Prese le norme mie con gran modestia:
Gettò l’obligo poi, come pesante,
Il peso d’una gratia hoggi è molestia.
Mostra in gran vanità fasto arrogante:
Nè sà il meschin, ch’altera testa è vana,
Spiga eretta di fusto è vaneggiante.
Vedi là quella Cricca Corteggiana,
Che pallonando và ciarle in partita?
Parlan quei di Taverna, ò di Puttana
Passan color frà ruginosa vita
Senza splendor natio giorni vitiosi:
Che ’l nulla oprar sempre à mal’opre invita.
Mai non fecer cammino, e son fumosi,
Hanno un po’ di latin: ma son vulgari
Dan di naso à la gente, e son merdosi.
Han poche Compagnie, molti Avversari
Molte poltronerie, poche bravate,
Molte squarcionerie, pochi denari.
Son gente da due faccie, e son sfacciate,
Zerbini al volto, e Ganimedi al...
Portan labro spion, teste incornate.