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150 | Delle Frascherie |
Momarte.
Lassa pur inghiottir. Dice un Scrittore
Che rade volte un Medico ben vive,
Che rade volte un Giudice ben more.
Ticleue.
Mà non terminan quì nostre invettive,
Vedi quel Cocchio? ivi è un Signor cortese,
Cui del Corpo Regal l’ombra s’ascrive.
Perch’anch’ei ne l’arar regole apprese
Dal bue maggior, chieder le gratie à lui,
È un tentar sacrilegij, un crimen læse.
Meglio sarebbe far come colui,
Che à le Statue tal’hor gratie chiedea
Per più soffrir le negative altrui.
Damigelle adobbate eran d’Astrea
Le Gratie un tempo, hoggi son nude tanto.
Che per veste comprar vanno in Giudea.
Frà quei due, che ragionano in quel canto
Se voi gustar, mira colui che in faccia
Sembra un Tersite, & un Isiaco al manto.
Quegli è un Sinon d’inganni, accorto taccia,
Questo, e quello al Padrone, e Relatore
Da miniera di colpe argenti caccia.
Ne la Corte è costui riggiratore,
In far vendere officij, è un Cortegiano,
Che per vita buscar, vende ogni honore
Apre bocca à colui, che gli unta mano,
Tratta, trotta, trattiene, e in far contratto
D’ogni gratia venal fassi il Ruffiano.